L’isola del tesoro, del 1883, avrebbe potuto parlare di mare aperto e nuove terre tropicali, ma l’ispirazione fu piuttosto diversa. Per far divertire il figliastro durante una vacanza nel minuscolo villaggio scozzese di Braemar, l’autore trascorse insieme a lui un pomeriggio a disegnare la mappa di una lontana isola immaginaria piena di avventure…

La mappa che avrebbe ispirato il romanzo non era un semplice scarabocchio per passare il tempo in un pomeriggio piovoso. Raffigurava un territorio selvaggio e accidentato chiamato “Treasure Island”, con tanto di indicazione delle colline e delle baie, delle profondità delle acque, della latitudine e della longitudine nonché di una rosa dei venti per determinarne la posizione. Il tesoro che avrebbe spinto l’eroe di Stevenson, Jim Hawkins, ad allontanarsi dalla sua vita a Bristol ed a partire per un’avventura sulle orme del famigerato pirata Capitano Flint era contrassegnato da una grande croce. A partire da qui, Stevenson costruì quel mondo immaginario in cui milioni di lettori hanno poi deciso di seguirlo.

​Nel 1886, l’ambizione ed il desiderio di Stevenson di esplorare nuovi orizzonti lo spinsero ad abbandonare sciabole e abbordaggi per dare vita a Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde. La novella racconta la storia del dottor Henry Jekyll, un medico rispettabile, dedito ai suoi pazienti, che nasconde un terribile ed oscuro segreto. Di notte, assumendo una pozione da lui stesso preparata, si trasforma nel diabolico e sanguinario signor Hyde, un brutale assassino che semina paura e terrore per le strade di Londra. Il romanzo è uno dei testi più distintivi del genere gotico e per crearlo Stevenson si è guardato nel profondo, descrivendo la sua stessa dualità in una lettera con le parole “Ho chiamato una persona «me stesso» e l’altra persona «l’altro»”. Si trattava di un’oscurità interiore mai descritta prima su carta stampata e che ancora oggi fa venire i brividi ad ogni lettura.

I viaggi di Stevenson non si limitavano alle pagine dei suoi libri. Guidato per tutta la vita da un forte desiderio di libertà e dalla volontà di immergersi in mondi sempre nuovi, nonostante diversi problemi di salute, viaggiò molto attraverso l’America del Nord e l’Australasia. Degne di nota soprattutto le sue avventure a Samoa, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita immergendosi così tanto nella cultura locale che gli abitanti del posto lo chiamarono “Tusitala”. Il significato di questo nome non potrebbe essere più appropriato: scrittore di storie.